Non siamo contro le altre professioni, rivendichiamo semplicemente una doverosa parità di trattamento
La Covid-19 è stata protagonista di un’annata terribile e a reggere l’urto e ad aver subito danni e perdite sono donne e uomini di tutte le professioni sanitarie, un’insieme di profili che fatica a percepirsi e a comportarsi, quindi a farsi riconoscere, per quel che è: un’unica comunità inter-professionale.
Data:
25 Novembre 2020
La Covid-19 è stata protagonista di un’annata terribile e a reggere l’urto e ad aver subito danni e perdite sono donne e uomini di tutte le professioni sanitarie, un’insieme di profili che fatica a percepirsi e a comportarsi, quindi a farsi riconoscere, per quel che è: un’unica comunità inter-professionale.
La Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP (FNO TSRM e PSTRP) non ha voluto prendere, come non ha preso, alcuna posizione contro una specifica professione, uno specifico status o una specifica indennità, bensì contro alcune delle tante iniquità che caratterizzano il nostro Paese.
Riteniamo che al termine di un anno come questo, oltre che iniquo, prevedere riconoscimenti economici solo per alcune delle professioni sanitarie -e non per tutte, come dovrebbe essere- sia un gesto violento, da respingersi con forza.
Tristezza, sgomento, ma non sconforto. Sono questi gli stati d’animo che ci hanno pervasi dopo aver letto alcune repliche al nostro posizionamento nei confronti di quanto sinora previsto per le professioni sanitarie nel disegno di legge di bilancio 2021.
Evidentemente, non siamo stati in grado di condividere in modo efficace il nostro pensiero, che riassumiamo: la Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP non ha voluto prendere, come non ha preso, alcuna posizione contro una specifica professione, uno specifico status o una specifica indennità.
Quel che vogliamo superare sono alcune delle tante iniquità che caratterizzano il nostro Paese; in questo caso quelle che sono generate dagli articoli 73 e 74 dell’attuale versione del disegno di legge di bilancio 2021: senza entrare in valutazioni più articolate, riteniamo che al termine di un anno come questo, oltre che iniquo, prevedere riconoscimenti economici solo per alcune delle professioni sanitarie -e non per tutte, come dovrebbe essere- sia un gesto ingiusto e violento, da respingersi con forza.
Per ignoranza, mala-informazione o convenienza non si riesce a riconoscere pienamente che il sistema sanitario nazionale ha retto e regge grazie al contributo di tutti i suoi professionisti, ognuno per quel che gli è proprio, cioè quel per cui è stato formato negli Atenei del nostro Paese e successivamente abilitato. In tutte le professioni sanitarie ci sono persone ormai allo stremo delle forze, fisiche e mentali, perché, come successe in primavera, da settimane non hanno più orari e turni certi sui quali organizzare la loro vita privata e familiare, riposo psico-fisico compreso. Tale condizione di disagio, rischio e pericolo impatta, invece, sulle persone in modo equo, a prescindere dalla professione sanitaria a cui appartengono. La situazione è, comunque, tenacemente sopportata da tutti per garantire l’assistenza necessaria, ciascuno la sua.
Non tenerne conto, così come fa l’attuale disegno di legge di bilancio 2021, offende centinaia di migliaia di professionisti, molti dei quali attivi nella cosiddetta prima linea, esposti al rischio di contagio, contagiati, ammalati e deceduti. Tutte le professioni sanitarie pongono la persona al centro del loro agire, ognuna nell’esercizio di quel che gli è proprio. Quando si parla della salute degli individui e del sistema sanitario non è bene fare distinguo, tantomeno graduatorie, perché sia la prima che il secondo sono la risultante dell’azione sinergica di un complesso sistema di contributi multi-professionali e multi-disciplinari, il cui disequilibrio determinerebbe inevitabilmente un detrimento generale.
Parlavamo di tristezza e sgomento. Tristezza nel constatare che il nostro costante orientamento a riconoscere il valore di tutti, ad essere inclusivi, a fare attenzione anche alle sensibilità e agli interessi degli altri, a contrastare quei distinguo che sono fonte di tensioni e di divisioni che richiedono tempo per essere riconciliate, a favorire una visione di sistema alla quale si subordinano gli interessi di parte, non sempre trova alleati altrettanto disponibili, ricettivi e determinati.
Tristezza nei confronti di una narrazione secondo la quale l’armonia dell’orchestra la si deve ai soli fiati piuttosto che ai soli archi.
Sgomento nel constatare che chi oggi pone e rivendica irricevibili distinguo tra professioni sanitarie, prospettando stratificazioni che sino all’altro ieri ha avversato, sia lo stesso soggetto che, ad esempio, in occasione dell’istituzione della Consulta permanente delle professioni sanitarie e socio-sanitarie voluta dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, auspicava “una Consulta che veda tutti protagonisti e allo stesso modo senza professioni di serie A e serie B, con un Ministero e il suo Ministro a garanzia di tutto questo”. Anche noi guardiamo con rispetto e fiducia al Ministro e ai parlamentari, con lo stesso peso politico degli altri: il voto espresso dal cittadino che esercita la professione X vale quanto quello del cittadino che esercita la professione Y.
Il Ministro saprà anche in questa occasione essere coerente con quanto affermato all’inizio dell’estate, al termine della cosiddetta prima ondata, in occasione dell’ultima riunione della Consulta: “L’emergenza del coronavirus ha chiarito a tutti che il servizio sanitario nazionale è la cosa più importante che abbiamo. Lavoriamo ogni giorno insieme per rafforzarlo”; i parlamentari sapranno trovare le giuste soluzioni per trattare in modo equo le professioni sanitarie, tutte, con lo stesso spirito con cui poco più di un mese fa hanno istituito la Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato, riconoscendo il giusto merito a tutti.
Sgomento nei confronti di chi, relativamente alla tematica contrattuale, mira a un’ulteriore frammentazione, quando invece dovremmo tutti impegnarci per un unico contratto, che superi anche la dicotomia dirigenza-comparto, che, senza populismi o generalizzazioni dannosi per chiunque, sia in grado di far coesistere l’iniziale componente unitaria con le indiscutibili successive differenziazioni determinate dalla durata del percorso di studi, dal grado di specializzazione, dalla trasversalità o dalla specificità degli interventi professionali, dal grado di autonomia e responsabilità, etc… Insomma, un modello di gestione contrattuale complesso, all’altezza di un Paese civile e del contesto a cui lo si deve applicare, all’interno del quale troverebbero posto le legittime istanze di tutti. Una società e una sanità migliori si costruiscono unendo, non frammentando. Bisogna recuperare i principi costituzionali di uguaglianza ed equità, perché gli individui hanno bisogno di professionisti coesi e orientati alla loro salute.
Essere coerenti non è facile, per nessuno, e alcune recenti esternazioni sono state indicative di quanto sia impegnativo esserlo. Ciò malgrado, non ci facciamo prendere dallo sconforto, soprattutto di fronte a quelle che riteniamo profonde ingiustizie concettuali, valoriali, politiche e sociali, se le si osserva col filtro dell’interesse generale, del bene comune.
Oltre che alla Carta costituzionale, la nostra proposta continuerà a riferirsi in modo sempre più determinato ai valori e ai comportamenti più volte richiamati dal Presidente della Repubblica e dal Santo Padre, soprattutto in questo ultimo anno. Lo faremo senza mai andare contro qualcuno, ma sempre a favore di qualcosa e, ovviamente, contro il suo opposto; in questo caso, dichiarare una ferma e risoluta indignazione e contrarietà nei confronti di quanto di iniquo è attualmente previsto nella legge di bilancio 2021, non significa essere contro chi al momento ne trae beneficio. Siamo contenti per chi si è visto riconoscere qualcosa di meritato; riteniamo però inammissibile, e pertanto lo contrastiamo, che tali riconoscimenti non siano equi o che, addirittura, per qualcuno non siano nemmeno stati previsti.
Siamo un ente sussidiario dello Stato, rappresentativo di 19 delle 30 professioni sanitarie, non abbiamo mai chiesto -e mai chiederemo- nulla per noi senza tener anche conto di chi è con noi, per evitare di comportarci oggi come quelli che abbiamo criticato e patito ieri; coi limiti che caratterizzano tutta la dimensione umana, ci siamo sempre impegnati e resi disponibili a favore di una valutazione e gestione di sistema, nella quale il noi non è inteso come mero gruppo di appartenenza, bensì riferito a un più ampio senso di comunità, perché nessuno ce la fa e si salva da solo. Nessuno.
Con queste premesse, il nostro auspicio è che i contenuti di questo ulteriore scritto possano contribuire a rinsaldare la comune base valoriale, identitaria e relazionale su cui riorganizzare e rafforzare il sistema sanitario che dobbiamo garantire agli individui e alla collettività: un luogo di reciproco rispetto, di confronto, di crescita inter-professionale e umana, di giornate piene di vita e, soprattutto, di dedizione alle persone assistite, ciascuno per quel che gli è proprio, perché la perfezione dell’orchestra è determinata anche dalla sapiente percussione del triangolo, del quale non possiamo fare a meno.
Federazione nazionale Ordini Tsrm-Pstrp
(fonte quotidianosanita.it)
Ultimo aggiornamento
25 Novembre 2020, 19:23